• 19 Ago

    Figli del Padre

    sintesi a cura di p. Attilio Fabris

    La prova, il cammino nel deserto,  e la decisione della conversione hanno preparato il terreno ad una ulteriore fase che è quella della nascita di un uomo nuovo. Si tratta dunque di un lavoro (una sinergia) che giunge fino alla radici della totalità del nostro essere. Un cammino scevro da illusioni create da una falsa immagine di Dio e di esperienza spirituale. E’ invece esperienza di quell’ ”amore folle” con il quale Dio non cessa di cercare l’uomo. Sarà esperienza che il verso protagonista del nostro cammino spirituale è  lo Spirito che ci è stato dato in dono.

    “Fa’, o Padre, che io ricerchi te, salvami dall’errore, e nel cercarti, fa’ che non trovi niente al tuo posto. Se non desidero altri che te, fa’ che ti trovi, o Padre. Se vi è in me alcun desiderio superfluo, tu stesso mondami e fammi capace di vederti” (s. Agostino Soliloqui, 1,1.6).

    La ristrutturazione della totalità del nostro essere verrà a toccare perciò tutti i nostri dinamismi che vengono purificati e trasformati: è un cambiamento radicale di cuore-mente-volontà. Il cammino spirituale dovrebbe portare l’uomo a scoprirsi figlio di un Padre che è nei cieli. E’ scoperta di se stessi, della propria dignità, della propria vocazione esistenziale.

    Se scopro Dio come Padre allora ricevo ogni cosa come un dono. Sono libero dal bisogno di “conquistare” Dio con la mia presunta santità. Di guadagnarmi con le mie mani. Scopro che mio primo compito non è la mia perfezione, ma il saper ringraziare e godere dei doni di Dio: arrivare a dire con gioia: Abbà, Papà!

    Paura e inerzia

     Certo oggi non è facile parlare di padre. La nostra cultura ha reso ambigua la sua immagine (il padre-padrone) per cui si corre da una ricerca affannata di una società senza padre a fenomeni di dipendenza, di identificazione con un leader e con il gruppo. La nostra esperienza di Dio potrebbe essere disturbata da questa atmosfera: si vive un rapporto fatto di paura e timore oppure ci si accontenta di proseguire trascinati dagli altri senza la capacità di prendere una nostra decisione personale e creativa.

    Un padre che fa festa

     Gesù ci assicura che Dio fa festa per il peccatore pentito, non la fa per i 99 giusti che non hanno bisogno di conversione. Perché fa festa? Perché il peccatore gli dà occasione di manifestare pienamente il suo essere padre: un Padre di misericordia (come fa pronunciare la formula di assoluzione).

    Di conseguenza che dinanzi a Dio riconosce con umiltà il suo essere peccatore fa esperienza di essere figlio perché sempre amato e accolto dalle braccia misericordiose del Padre. Solo il figlio può sentire il dolore di aver offeso il padre. Chi si ritiene senza colpa non ha bisogno di perdono né di un padre che lo accolga. Si costruisce una sua perfezione senza capire che tutto quel che ha lo ha ricevuto in dono.

    Prendiamo coscienza che non si sentiamo mai abbastanza figli, e che nei confronti di Dio Padre, lo percepiamo come padrone, un datore di lavoro e di ricompense: Siamo un po’ tutti come il figlio maggiore della parabola. Viviamo sì in casa del padre ma più come schiavi che come figli.. Ne deriva che non ci sentiamo così poi tanto peccatori: siamo dei buoni osservanti che hanno sempre obbedito ma senza gioia.

    Il Dio che è Padre ci converte dalla paura e dalla presunzione, non ci chiede di essere perfetti, né ci consente di sentirci tali, ma ci invita alla sua festa per condividere con noi anche la sua gioia.

    “Con tutte le forze”

     A Dio che ci ha donato ogni cosa, anche lo stesso desiderio di cercarlo. Siamo chiamati nella libertà a rispondere. La nostra decisione se è autentica deve incidere sulla nostra vita e cambiarla. Nessuno può amare Dio se non lo vuole con tutte le proprie forze.

    Ciò comporta il coraggio di fare delle scelte: non basta una scelta fatta una volta per tutte. Occorre rinnovare tale scelta ogni giorno, qui e ora. Esiste sempre il rischio dell’inerzia e del riflusso (ci si accontenta di ripetersi), cessa ogni cammino e ogni tipo di crescita: tutto a un certo momento viene a noia. Il credente è un viandante: se si ferma o perde il gusto del cammino, la sua fede è in pericolo. Si deve avere il coraggio di fare un tipo preciso di scelte: o scegliamo Dio o noi stessi. Fare esperienza di Dio significa ispirare la nostra esistenza secondo precisi criteri. Quali?

    Decisioni coerenti

             Non basta essere convinti che è bene fare; bisogna operare concretamente. E’ impossibile credere davvero in ciò che non si vive quotidianamente, perché i valori che si sono professati restano vivi nella misura in cui trovano espressione in atteggiamenti corrispondenti. Se desidero incontrare Dio devo pormi in uno stile di vita coerente: e questo a partire dalle piccole scelte quotidiane.

    Decisioni significative

             Decisioni forti, portate fino in fondo.

    Si tratta di:

             – Scelte umane: non deve essere frutto solo di un atto di volontà. Sono scelte ragionate e desiderate (anche quelle piccole). Chi vive questo, vive nella libertà: può permettersi di fare anche il “tappabuchi” senza sentirsi umiliato. Ha scoperto che l’importanza dei suoi gesti non gli deriva dalla risonanza sociale che essi possono avere, ma unicamente dall’amore che ci mette dentro e dalla verità con cui liberamente si prefigge lo stesso scopo: cercare Dio in tutto.

              – Decisioni sofferte: rinunce che costano. Si rinuncia a qualcosa per qualcosa di più grande: il Signore. Attraverso queste scelte si entra nello spirito delle beatitudini. Sia arriva al punto che più le decisioni costano più ci si sente beati evangelicamente gustando una nuova conoscenza di Dio. Quel nesso misterioso tra sofferenza e amore fa sì che si ami maggiormente ciò per cui si è sofferto. Chi non “soffre” Dio non lo può né conoscere né amare. “Agire è scegliere, e per conseguenza decidere, tagliar corto e, pur adottando, rifiutare, respingere. Edificare è sacrificarsi; ma la decisione non è un colpo di forza interiore, cieco e arbitrario: è la persona tutta intera rivolta al suo avvenire, concentrata in un atto duo e ricco, che riassume la sua esperienza e integra in essa un’esperienza nuova. I rifiuti che l’accompagnano sono rifiuti reali, imbarazzanti e talvolta laceranti: non sono mutilazioni. Essi parlano di una pienezza esigente, e non di indigenza: perciò sono creativi” (P. Grieger).

             – Decisioni autotrascendenti: sono scelte di vita in cui l’unico obiettivo è il Signore. Il tesoro nel campo per cui tutto si vende. Si tratta di decisioni che vengono a purificare sempre più le nostre motivazioni, spesso tanto contaminate dal nostro egoismo. Questo è un cammino molto lungo.

    Posted by attilio @ 09:59

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