• 17 Ago

    Perdonerai settanta volte sette

    di p. Attilio Franco Fabris

    Buona parte delle offese che ci infliggiamo sono spesso causate da abituali difetti di carattere. Questi difetti fanno sì che la persona avverta in se stesso quasi la presenza di due personalità diverse. Nonostante tanti e tanti sforzi, le sconfitte sono sempre presenti. Allora come devo reagire di fronte a questi difetti sia nel caso che sia io l’offensore, come in quello in cui io ne sia la vittima?

    Dobbiamo notare il fatto che si tratta di comportamenti che nessuno approva quando è sereno, ci si accorge che dissentono con quei valori in cui si crede. La coscienza rimorde provocando un sentimento sgradevole quando si rientra in se stessi prendendo coscienza del proprio errore. Sino a quando questo succede è anche un bene!

    Non si tratta dei peccati più gravi. Quelli peggiori sono invece quei comportamenti che non provocano più rimorsi di coscienza, quelli che sono ormai “internalizzati”.

    Scrive un autore: Il peccato non è che il terminale logico di un processo semicosciente di piccole scelte e di grandi giustificazioni che, a lungo andare, finiscono col convertire in logica, in coerenza e, forse, anche in necessità, il male che si compirà più tardi. In questo mondo la grande forza del male risiede in questi processi misteriosi… grazie ai quali un giorno il male arriverà a sembrare plausibile o necessario… L’uomo non si consegna mai alla mostruosità fine a se stessa, ma ad una mostruosità che è il risultato finale di un processo sottile, grazie al quale ciò che è mostruoso viene spogliato del suo essere terribile, fino ad apparire logico e necessario (Gonzàles Faus, Este es el hombre).

    Allora non si tratta più di una “scappatella”, ma dello stabilirsi in noi in modo permanente e sempre più inconscio di un ordine di cose pienamente assimilato. Il vero peccatore non è colui che, dopo un eccesso d’ira, si sente un disastro nel suo intimo, ma colui che giustifica pienamente i propri eccessi e non riesce più ad allontanarli criticamente. (cfr. il marito violento che cerca argomenti per giustificare il suo modo di agire). I peccati così diventano “logici, coerenti, necessari, plausibili, privi di mostruosità”.

    Quanto è necessaria allora una efficace disciplina penitenziale al fine di aiutarci a non arrivare a quel punto. Non potremo forse giungere ad estirpare i nostri vizi, ma certamente potremo evitare che questi si convertano in qualcosa di “pienamente giustificato”, impossessandosi del nostro io più profondo. Bisogna disattivare pazientemente, mediante il pentimento e la confessione tutte le nostre “piccole scelte e le grandi giustificazioni”.

    E’ a questo punto che rientra l’ammonimento del Signore del chiedere perdono settanta volte sette: Allora Pietro si fece avanti e gli domandò: «Signore, quante volte, se il mio fratello peccherà contro di me, dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette (Mt 18,21-22).

    Il maggiore ostacolo al pentimento è pensare che non serve a nulla, dal momento che si tornerà di nuovo a peccare. Questo è il grande intralcio alla  vera disciplina penitenziale, la pietra di scandalo nella quale molti inciampano, abbandonando la lotta contro i propri difetti, lasciando che il male prenda sempre più radici in noi.

    Sul pianeta del piccolo principe, c’erano, come su tutti i pianeti erbe buone e erbe cattive. Di conseguenza dei semi buoni e dei semi cattivi. Ma i semi sono invisibili. Essi dormono nel segreto della terra fino a quando qualcuno di loro non si sogna di svegliarsi. Allora esso fa spuntare timidamente verso il sole un germoglio piccolo e verde, inoffensivo. Si tratta di un germoglio di ravanello o di rosa, si può allora lasciarlo crescere come vuole. Ma se si tratta di un pianta cattiva, bisogna strapparla subito, appena la si riconosce.

    Ora vi sono dei semi terribili sul pianeta del piccolo principe… sono i semi di baobab. Il suolo del pianeta ne era infestato. Ora di un baobab, se  si interviene troppo tardi, non è più possibile sbarazzarsene. Egli occuperà tutto il pianeta. Lo attraverserà con le sue radici. E se il pianeta è troppo piccolo, e se i baobab sono numerosi, alla fine sarà distrutto.

    “E’ una questione di disciplina – mi disse più tardi il piccolo principe. Quando ho terminato  le pulizie del mattino, bisogna accuratamente fare le pulizie del pianeta. Bisogna imporsi regolarmente di strappare i baobab e distinguerli dalle rose alle quali essi rassomigliano molto quando sono piccoli. E’ un lavoro noioso, ma molto facile” (A. De Saint-Exupery, Le petit prince, V).

    Anche l’effetto dei nostri peccati sugli altri è molto diverso quando li confessiamo e ci pentiamo. E’ molto più facile ottenere il perdono. Quanto invece diviene insopportabile e terribile convivere con persone che giustificano il loro atteggiamento sbagliato.

    Ma ritorniamo al brano evangelico citato: nel brano parallelo di Luca, a differenza di quello di Matteo, appare chiaramente che il perdonare “settanta volte sette” si riferisce all’offensore: Se il tuo fratello pecca, ammoniscilo e, se si pente, perdonalo; e se pecca contro di te sette volte al giorno e sette volte torna a dirti: “Mi pento”, devi perdonarlo (Lc 17,3-4). Le differenze con il testo di Matteo sono evidenti. Luca non parla di “settanta volte sette”, dice semplicemente “Sette volte”, ma aggiungendo “al giorno”. In modo diverso, mette ugualmente in risalto la ripetitività dell’offesa. Ma, soprattutto, l’elemento di novità è che il testo di Luca presuppone il pentimento e la richiesta di perdono da parte dell’offensore, il quale ritorna per dire: “Mi pento”.

    Allora perdonare non significa in alcun modo “dissimulare l’offesa ricevuta”, il “far finta di niente”. Col nostro “passar sopra” infatti contribuiremmo a rinsaldare la cattiva coscienza dell’offensore. Non sempre il nostro silenzio è sintomo di “carità” verso l’altro. Luca dice che dobbiamo “rimproverare” “correggere” il fratello. Soltanto quando costui si pente entra in gioco il nostro dovere di perdonare “sette volte”.

    Ora, in ogni famiglia, in ogni comunità, occorrerebbe avere il coraggio di affrontare le tensioni e le sofferenze. Le amarezze, i risentimenti se si accumulano, non trovando soluzione in una continua riconciliazione, alla fine raggiungono livelli di tossicità mortali per la vita di comunione. (cf. la necessità della correzione fraterna e della revisione di vita). Il consiglio della scrittura è molto esplicito: Se vi capitasse di adirarvi, cercate di non peccare; che non tramonti mai il sole sulla vostra ira (Ef 4,26-27).

    Madre Basilea Schlink, fondatrice di una famiglia religiosa che possiede il carisma della ricerca di una continua riconciliazione tra i suoi componenti, scrive nella regola: Riconciliati! Non essere mai inimicato con nessuno. Va’ da quella persona verso la quale nutri nel tuo cuore qualche risentimento, o lei contro di te, e lascia che sopraggiunga l’amore. Qui comincia il regno dei cieli. “Non tramonti il sole sopra la vostra ira”: se ci addormentassimo in questo stato forniremmo all’ira il modo di impadronirsi del nostro sonno, di infiltrarsi nelle zone profonde dell’inconscio, trasformando in simboli permanenti parole e azioni negative della giornata. Rimane valida la massima dell’ascetica più classica di “arrestare il male al suo inizio”.

    Doroteo di Gaza scrisse una pagine esemplare su questo tema: Un uomo accende un fuoco, un piccolissimo fuoco; è soltanto un carbone acceso. Esso raffigura la parola del fratello che ti offende… Se riesci a sopportarla, spegni il fuoco. Al contrario, se ti fermi a pensare: “Perché mi ha detto questo?”, come colui che ravviva la fiamma, getti sul fuoco dei ramoscelli verdi, legna bagnata che fa molto fumo, turbandoti… Il turbamento non è altro che l’afflusso di pensieri che eccitano ed esaltano il cuore, e questa esaltazione ti spinge a vendicarti dell’offensore… Se all’inizio del turbamento, appena appaiono il primo fumo e le prime scintille, ti fai avanti per accusare te stesso, prima che scatti la fiamma della collera, mantieni la pace. Al contrario, se una volta che è stata provocata la collera, non cerchi di calmarla e, anzi, insisti nell’accrescere il turbamento e l’esaltazione, è come se gettassi della legna sul fuoco per mantenerlo vivo finché tutto brucia” (Istruzioni, VIII, 89,91).  Gesù nel vangelo ammonisce: Mettiti d’accordo con il tuo avversario subito, mentre sei per via con lui, affinché l’avversario non ti consegni al giudice, il giudice al carceriere e tu sia gettato in prigione. In verità ti dico: non ne uscirai, finché non avrai pagato fino all’ultimo quadrante. (Mt 5,25-26).

    Fa’ la pace col tuo avversario prima che la situazione precipiti e ti sfugga di mano; riconciliati subito prima che tutti e due arriviate ad un punto da cui sarà poi difficile tornare indietro. L’immagine del carcere rappresenta una situazione, un luogo da cui è molto difficile poter fuggire. Ricerca la pace: quando si tratta di offese, la cosa importante non è sapere chi ha cominciato ad offendere per primo, ma chi dei due avrà il coraggio di fare il primo passo verso la riconciliazione.

    per la meditazione

    1. Esamino la mia vita nei miei rapporti con gli altri. Esistono comportamenti che desidererei non esistessero? Quali sono? Ne ho coscienza, o rischiano di divenire “plausibili e necessari”?
    2. Il maggiore ostacolo al pentimento è pensare che  non serve a nulla perché si tornerà di nuovo a peccare.
      Avverto in me questo tipo di ragionamento?
      Sono al contrario disposto ad una disciplina penitenziale che mi conduca ad avere sempre  coscienza di quegliaspetti che in me hanno ancora bisogno di conversione e purificazione?
    3. Riesco a riconoscere il mio sbaglio e a chiedere perdono, oppure mi ripugna fare questo? Perché?Lascio che la mia “ira” covi in me i suoi veleni o cerco immediatamente la strada del perdono e della riconciliazione?
    4. Ho il coraggio di dire al fratello il suo errore? Faccio finta di niente? ortante (anzitutto per me!) la correzione fraterna e la revisione di vita? Cosa potresti fare affinché nella tua comunità ci si aiuti in questa direzione?

     

     

    Posted by attilio @ 08:27

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