• 14 Apr

    La grazia a caro prezzo

    Dietrich Bonhoeffer, Sequela


    La grazia a buon prezzo è il nemico mortale della no­stra Chiesa.

    Noi oggi lottiamo per la grazia a caro prezzo.

    Grazia a buon prezzo è grazia considerata materiale da scarto, perdono sprecato, consolazione sprecata, sa­cramento sprecato; grazia considerata magazzino ine­sauribile della Chiesa, da cui si dispensano i beni a pie­ne mani, a cuor leggero, senza limiti; grazia senza prez­zo, senza spese. L’essenza della grazia, così si dice, è ap­punto questo, che il conto è stato pagato in anticipo, per tutti i tempi. E così, se il conto è stato saldato, si può avere tutto gratis. Le spese sostenute sono infinita­mente grandi, immensa è quindi anche la possibilità di uso e di spreco. Che senso avrebbe una grazia che non fosse grazia a buon prezzo?

    Grazia a buon prezzo è grazia intesa come dottrina, come principio, come sistema; è perdono dei peccati inteso come verità generale, come concetto cristiano di Dio. Chi la accetta, ha già ottenuto il perdono dei pec­cati. La Chiesa che annunzia questa grazia, in base a questo suo insegnamento è già partecipe della grazia. In questa Chiesa il mondo vede cancellati, per poco prezzo, i peccati di cui non si pente e dai quali tanto meno desidera essere liberato.

    Grazia a buon prezzo, perciò, è rinnegamento della Parola vivente di Dio, rinnegamento dell’incarnazione della Parola di Dio.

    Grazia, a buon prezzo è giustificazione non del pecca­tore, ma del peccato. Visto che la grazia fa tutto da sé, tutto può andare avanti come prima. «È inutile che ci diamo da fare». Il mondo resta mondo e noi restiamo peccatori «anche nella migliore delle vite». Perciò anche il cristiano viva come vive il mondo, si adegui in ogni cosa al mondo e non si periti in nessun modo — a scanso di essere accusato dell’eresia di fanatismo — di condurre,   sotto  la  grazia, una  vita  diversa  da   quella che conduceva sotto il peccato.  Si guardi bene dall’in­fierire  contro la grazia, dall’offendere la grande grazia data a buon prezzo, dall’erigere una nuova schiavitù del-l’interpretazione letterale,  tentando di condurre una vi­ta  in  obbedienza  ai comandamenti  di  Gesù Cristo!   Il mondo è giustificato per grazia, e perciò — in nome del­la serietà di questa grazia per non opporsi a questa in­sostituibile graziai — il cristiano viva come vive il resto del mondo!

    Certo, il cristiano desidererebbe fare qualco­sa di straordinario; è senza dubbio la rinuncia più diffi­cile quella di non farlo, ma di dover vivere come il mon­do! Ma il cristiano deve accettare questo sacrificio, es­sere pronto a rinunciare a se stesso e a non distinguersi, nel suo modo di vivere, dal mondo. Deve lasciare che la grazia sia veramente grazia, in modo da non distruggere la fede del mondo in questa grazia a buon prezzo. Il cri­stiano sia, nella sua vita secolare, in questo sacrificio ine­vitabile che deve compiere per il mondo — anzi, per la grazia! — tranquillo e sicuro nel possesso di questa gra­zia che fa tutto da sé. Il cristiano, dunque, non segua Cristo, ma si consoli della grazia.

    Questa grazia a buon prezzo, che è giustificazione del peccato, e non giustifica­zione del peccatore penitente che si libera dal suo peccato e torna indietro; non perdono del peccato che separa dal peccato. Grazia a buon prezzo è quella grazia che noi concediamo a noi stessi.

    Grazia a buon prezzo è annunzio del perdono senza pentimento, è battesimo senza disciplina di comunità, è Santa Cena senza confessione dei peccati, è assoluzione senza confessione personale. Grazia a buon prezzo è gra­zia senza che si segua Cristo, grazia senza croce, grazia senza il Cristo vivente, incarnato.

    Grazia a caro prezzo è il tesoro nascosto nel campo, per amore del quale l’uomo va e vende tutto ciò che ha, con gioia; la perla preziosa, per il cui acquisto il commercian­te da tutti i suoi beni; la Signoria di Cristo, per la quale l’uomo si cava l’occhio che lo scandalizza, la chiamata di Gesù Cristo che spinge il discepolo a lasciare le sue reti e a seguirlo.

    Grazia a caro prezzo è l’Èvangelo che si deve sempre di nuovo cercare, il dono che si deve sempre di nuovo chiedere, la porta alla quale si deve sempre di nuovo pic­chiare.

    È a caro prezzo perché ci chiama a seguire, è grazia, perché chiama a seguire Gesù Cristo; è a caro prezzo, perché l’uomo l’acquista al prezzo della propria vita, è grazia, perché proprio in questo modo gli dona la vita; è cara, perché condanna il peccato, è grazia, perché giusti­fica il peccatore. La grazia è a caro prezzo soprattutto perché è costata molto a Dio; a Dio è costata la vita del suo Figliolo — «siete stati comperati a caro prezzo» — e perché per noi non può valere poco ciò che a Dio è costato caro. È soprattutto grazie., perché Dio non ha ri­tenuto troppo caro il suo Figlio per riscattare la nostra vita, ma lo ha dato per noi. Grazia cara è l’incarnazione di Dio.

    Grazia a caro prezzo è la grazia ritenuta cosa sacra a Dio, che deve essere protetta di fronte al mondo, che non deve essere gettata ai cani; è grazia perché Parola viven­te, Parola di Dio, che lui stesso pronuncia come gli piace. Essa ci viene incontro come misericordioso invito a segui­re Gesù, raggiunge lo spirito umiliato ed il cuore contrito come parola di perdono. La grazia è a caro prezzo perché aggioga l’uomo costringendolo a seguire Gesù Cristo, ma è grazia il fatto che Gesù ci dice: «Il mio giogo è soave e il mio peso leggero».

    Due volte è stata rivolta a Pietro la chiamata: Seguimi! È stata la prima e l’ultima parola di Gesù al suo disce­polo (Me. 1,17; Gv. 21,22). Tutta la vita di questo è po­sta tra queste due chiamate. La prima volta Pietro ha sentito l’invito di Gesù sul lago di Genezaret ed ha ab­bandonato le sue reti, la sua professione, e lo ha letteral­mente seguito. L’ultima volta il Risorto lo trova di nuovo nella sua professione di prima, sul lago di Gene­zaret, ed ancora una volta gli dice: Seguimi! Frammezzo c’era stata tutta una vita di discepolato al seguito di Cristo; al centro la sua professione di fede in Gesù come il Cristo (l’unto) di Dio. Tre volte a Pietro fu annunziata la stessa cosa: al principio e alla fine a Cesarea di Filippo, che, cioè, Cristo è il suo Dio e il suo Signo­re. È la stessa grazia di Dio che lo chiama: Seguimi! e che si manifesta nella sua professione di fede nel Figlio di Dio.

    Per tre volte la grazia si è fermata sulla via di Pie­tro: una grazia annunziata tre volte in maniera diversa; e così fu la grazia di Cristo stesso, e non certo una gra­zia che il discepolo si annunziava da se stesso. Fu la stessa grazia di Cristo che vinse il discepolo e lo indus­se ad abbandonare tutto per seguirlo, la stessa che ope­rò in lui la professione di fede, che a tutto il mondo doveva apparire una blasfemia, la stessa che richiamò l’infedele Pietro alla comunione del martirio e gli per­donò così tutti i peccati. Grazia e seguire Cristo, nella vita di Pietro, sono indissolubilmente legati. Egli aveva ricevuto la grazia a caro prezzo.

    …. Se la grazia è il ‘risultato’ di una vita cristiana, donato da Cristo stes­so, questa vita non è dispensata nemmeno un attimo dal seguirlo. Se la grazia è, invece, presupposto per prin­cipio della mia vita cristiana, allora i peccati che com­metto durante la mia vita in terra sono giustificati in partenza. E allora in base a questa grazia posso pec­care, dato che il mondo, per principio, è giustificato per grazia. Io, allora, continuo a vivere la mia vita secolare-borghese; nulla cambia nella mia esistenza, ep­pure sono sicuro di essere coperto dalla grazia divina. Tutto il mondo, sotto questa grazia, è divenuto ‘cri­stiano’, ma il cristianesimo, sotto questa grazia, è di­venuto mondo come mai in precedenza. La vita cristiana consiste appunto nel fatto che io vivo nel mondo come il mondo, che non mi distinguo in nulla da esso, anzi, non devo nem­meno — per amore della grazia! — distinguermi da esso, ma che al momento opportuno dall’ambiente ‘mon­do’ mi reco nell’ambiente ‘chiesa’ per ricevervi l’assi­curazione del perdono dei peccati.

    Sono dispensato dal­la necessità di seguire Cristo mediante la grazia a buon prezzo, che deve essere il nemico più accanito della volontà di seguirlo, che deve odiare e disprezzare l’im­pegno a seguirlo veramente. La grazia come presupposto è una grazia di nessun valore; la grazia come risultato è una grazia a caro prezzo. È terribile riconoscere quan­to è importante il modo con cui una verità evangelica viene espressa e messa in atto. È la stessa parola che esprime la giustificazione per sola grazia, eppure l’uso errato della stessa frase porta alla distruzione totale del­la sua essenza.

    Se Faust, alla fine della sua vita spesa nello sforzo di conoscere, dice: «Riconosco che non possiamo sa­pere nulla», questo è un risultato ed ha un senso ben diverso che se uno studente di primo anno si arroga tale frase per giustificare con essa la sua pigrizia (Kierkegaard). Come risultato l’affermazione è vera, come presupposto è un autoinganno. Il che significa che non si può separare ciò che è stato riconosciuto dall’esisten­za che ha portato a tale constatazione. Solo chi si trova al seguito di Gesù, dopo aver rinunciato a tutto ciò che aveva, può affermare di essere giustificato per sola grazia. Egli riconosce nell’invito stesso a seguire Gesù la grazia, e nella grazia questo invito. Chi, però, pensa di essere dispensato per via della grazia dal seguirlo inganna se stesso.

    Ma lo sappiamo che questa grazia a buon prezzo è stata estremamente spietata verso di noi? Il prezzo che oggi dobbiamo pagare con la rovina delle chiese isti­tuzionali non è forse la conseguenza necessaria della grazia acquistata troppo a buon prezzo? Predicazione e sacramenti venivano concessi ad un prezzo troppo bas­so; si battezzava, si cresimava, si dava l’assoluzione a tutto un popolo senza porre domande e senza mettere condizioni; per amore umano le cose sacre venivano dispensate a uomini sprezzanti e increduli; si distribui­vano fiumi di grazia senza fine, mentre si udiva assai raramente l’invito a seguire Gesù con impegno. Dove restava ciò che aveva riconosciuto la Chiesa primitiva la quale, durante il catecumenato, vigilava tanto attenta­mente sulle frontiere tra Chiesa e mondo, sulla grazia cara? Dove restavano gli ammonimenti di Lutero di guardarsi dall’annunziare un Evangelo che tranquillizzasse gli uomini nella loro vita senza Dio? Quando mai il mondo fu cristianizzato in maniera più orrenda e funesta? Che cosa sono le tre migliaia di Sassoni uccisi da Carlo Magno fisicamente di fronte ai milioni di ani­me uccise oggi? Si è realizzato sopra di noi l’ammo­nimento che i peccati dei padri saranno puniti sopra i figli fino alla terza e quarta generazione. La grazia a buon prezzo si è mostrata alquanto spietata verso la nostra chiesa evangelica.

    E spietata la grazia a buon prezzo lo è stata pure verso la maggior parte di noi personalmente. Non ci ha aperta la via verso Cristo, ma anzi l’ha bloccata. Non ci ha invitati a seguirlo, ma ci ha induriti nella disob-bedienza. O non era forse spietato e duro se, dopo aver sentito l’invito a seguire Gesù come invito della grazia, dopo aver, forse, osato una volta fare i primi passi sulla via che ci portava a seguirlo nella disciplina dell’obbedienza al suo comandamento, fummo colti dalla parola della grazia a buon prezzo? Quale senso poteva avere per noi questa parola se non quello di un ri­chiamo ad una sobrietà assai umana, inteso a fermare il nostro cammino, a soffocare in noi il piacere di seguire Gesù, con l’affermazione che questa era una via scelta solo da noi stessi, un impiego di forze, una fatica e una disciplina non solo inutili, ma addirittura dannosi? Infatti nella grazia tutto era già pronto e compiuto! Il lucignolo fumante fu spento in maniera spietata. Era spietato parlare in questo modo ad un uomo, perché egli, turbato da un’offerta così a buon prezzo, necessa­riamente lasciava la via alla quale era chiamato da Ge­sù, perché ora voleva afferrare la grazia a buon prezzo che gli precludeva per sempre la possibilità di ricono­scere la grazia a caro prezzo. Non poteva essere diver­samente; l’uomo debole, ingannato, possedendo la gra­zia a buon prezzo doveva sentirsi improvvisamente for­te, mentre, in realtà, aveva perduto la forza di obbe­dire, di seguire Gesù. La parola della grazia a buon prezzo ha rovinato più uomini che non qualunque co­mandamento di buone opere.

    Non possiamo più, oggi, eludere il problema. Diviene sempre più evidente che la difficoltà della no­stra chiesa sta solo nel problema di come vivere, oggi, da veri cristiani.

    Beati coloro che si trovano già alla fine del cam­mino che noi vogliamo percorrere, e che comprendono, pieni di meraviglia, quello che veramente non pare comprensibile, cioè che la grazia è a caro prezzo pro­prio perché è grazia pura, perché è grazia di Dio in Gesù Cristo. Beati coloro che, seguendo semplicemente Gesù Cristo, sono vinti da questa grazia, così che pos­sono lodare con cuore umile la grazia di Cristo che sola agisce. Beati coloro che, avendo conosciuto questa gra­zia, possono vivere nel mondo senza perdersi in esso, che, seguendo Gesù Cristo, hanno acquistato una tale certezza della loro patria celeste, che sono veramente liberi per la vita in questo mondo. Beati coloro, per i quali seguire Gesù Cristo non ha altro significato che vivere della grazia, e per i quali grazia non ha altro significato che seguire Gesù Cristo. Beati coloro che so­no divenuti cristiani in questo senso, coloro dei quali la grazia ha avuto misericordia.

    Posted by attilio @ 18:00

Leave a Comment

Please note: Comment moderation is enabled and may delay your comment. There is no need to resubmit your comment.