• 01 Nov

    Cosa avviene leggendo la Bibbia?

    Da S. Fausti, Per una lettura laica della Bibbia, EDB 2010

     

    Ogni seme accolto nella terra germoglia e la trasforma secondo la propria specie. Ogni parola deposta nella mente e nel cuore, l’humus umano, germoglia e lo trasforma secondo la sua specie. La parola accolta si ferma nella testa e dà la forma all’intelligenza, scende poi nel cuore e informa la volontà, amore di bellezza, arriva infine ai piedi e alle mani, con cui si cammina e agisce secondo ciò che si capisce e ama. La parola ascoltata sia buona o cattiva determina il capire, il volere e l’agire, tutto l’essere dell’uomo.

    L’uomo è o meglio diventa la parola che ascolta. Perché ogni parola non è solo comunicazione di notizie, ma “contiene” anche chi parla ed è “contenuta” in chi ascolta. Il dire è un “dirsi”, e il “dirsi” un “darsi”. Ogni parola è gravida di chi la trasmette e ingravida chi la riceve.

     Dio si dice e si dà attraverso la parola e l’uomo dinanzi a lui è essenzialmente “ascolto”. Se lo ascolta e risponde diventa partner, altra parte, di Dio stesso. Divento la Parola di Dio!

     Ma vi può essere la possibilità che si rifiuti l’ascolto di questa parola preferendo la propria o l’altrui, magari del nemico. Rifiuto possibile alla mia libertà e motivato da mille propri motivi, ma che porta inevitabilmente alla mia esclusione dalla possibilità di essere trasformato-divinizzato dalla Parola. L’uomo che rifiuta la Parola come i bambini di Federico II si condanna inevitabilmente alla morte.

    Quando leggo la scrittura accade una realtà mai esistita prima. La Parola ascoltata produce in me una inedita parola interiore del cuore. E’ una realtà nuova che si innesca nella mia vita e la cambia.

    L’esperienza che fa il lettore del vangelo è quella di essere trasformato: egli è come Gesù che è puro ascolto della parola del Padre da essere lui stessa questa Parola divina, e così egli mi dà la possibilità di essere figlio come lui, “generato non da un seme corruttibile, ma immortale, cioè dalla Parola di Dio viva ed eterna” (1 Pt 1,23).

     Differenza tra catechesi narrativa e catechesi dottrinale

     Normalmente i testi sacri sono in prevalenza normativi e dottrinali: dicono che cosa fare e cosa credere. La Bibbia invece riporta per lo più testi narrativi.

    Ora i fatti non sono da fare: sono già fatti. Non sono da credere perché sono fatti e non promesse. Essi sono da osservare, ascoltare, contemplare. La dottrina è da credere, la norma da fare, il racconto e da ascoltare.

    I testi dottrinali hanno la loro utilità. Ma se non scaturiscono da narrazioni di fatti e non si misurano con la narrazione di ciò che producono sono sterili, anzi nocivi (cfr il decalogo e la sua premessa tralasciata). Il catechismo sta alla Bibbia coma una parafrasi alla Divina Commedia, o un menù al pasto concreto.

     Il racconto ci cambia molto più di una dottrina e di una norma (gli spot pubblicitari non sono forma narrativa per coinvolgere a sua insaputa il telespettatore?). Nella terapia psicologica non il sapere concettuale aiuta, ma il rivivere l’esperienza mediante il racconto. Il valore specifico della catechesi biblica rispetto ad altre forme di catechesi è quello del racconto che fa rivivere l’esperienza.

    Ciò che leggo, mi legge dandomi una nuova interpretazione di me. Mentre mi applico al testo, vedo che il testo si applica a me. Fabula de me narratur! Il racconto mi ri-racconta. E la Parola mi fa scoprire nel mio profondo la presenza del volto del padre e del mio essere figlio.

    La mia vita non è altro che esecuzione dell’interpretazione che do di me stesso. In questo senso il vangelo è una logoterapia. È un antivirus che mi riconsegna nella sua integrità il significato delle parole fondamentali (la grammatica fondamentale dell’essere) che la menzogna vorrebbe sempre stravolgere conducendomi a schiavitù e frutti di morte.

    Il modo migliore per parlare di Dio è quello con il quale si è rivelato: il racconto del suo rapporto con noi e del nostro rapporto con lui. Da qui la necessità di prendere la Bibbia come un’unica grande catechesi narrativa, che viene dalla tradizione viva della comunità che l’ha sperimentata e la testimonia.

    Elementi e funzioni della catechesi narrativa dei vangeli

     Il vangelo non è un resoconto di cronaca giornalistica dei fatti non è neppure un’antologia di episodi. È il racconto dell’esperienza di fede che la prima comunità ha fatto del Dio fatto uomo. Fotogrammi e sequenze sono montati al posto giusto: stanno bene dove si trovano, frutto di quanto precede e seme di quanto segue.

    Ogni vangelo propone un suo cammino articolato diverso dall’altro, per giungere allo stesso fine: conoscere e amare Gesù, per essere con lui e come lui. Sono quattro vie diverse che portano alla stessa cima partendo da lati diversi. Questo permette una visione pluridimensionale della stessa realtà.

    Marco (lo sottolineiamo questa sera) si rivolge al pagano che crede in molti dei perché capisca dalla croce chi è veramente Dio. Il suo è il vangelo del catecumeno. Lui è un ebreo che scrive nel greco del koiné a Roma dove si parla il latino per gente che non è ebrea, né romana né greca. Lo può fare perché usa un trucco semplicissimo: usa solo un migliaio di parole comuni riferiti all’ambiente in cui l’uomo vive concretamente, parla di parti del corpo. Di azioni e passioni che tutti provano. Parla di semi, piante, uccelli pesci, pane asini e cani… Queste parole evocative tipiche del racconto, sono capaci di grandi evocazioni dell’immaginario umano comune a tutti e cono giocate in racconti elementari che risvegliano sensazioni, colori, suoni, sapori, sentimenti. Le nostre azioni sono per lo più legate a queste sensazioni e sentimenti. Amiamo e andiamo verso ciò che desideriamo e odiamo e fuggiamo da ciò che temiamo.

    Luca si rivolge ad una comunità mista di credenti della terza generazione perché si senta responsabile di aprirsi al mondo intero. È il vangelo del missionario

    Matteo si rivolge ad una comunità ebraica perché capisca come il Cristo crocifisso sia il compimento delle promesse di Israele. È il vangelo del catecheta.

    Giovanni è il grande teologo che presenta e racconta il mistero che già vive nel credente. È il vangelo del cristiano maturo perché confermi la sua fede.

    Tutti costoro sanno che si potrebbe scrivere all’infinito sull’argomento senza mai riuscire a dire tutto di colui che è tutto. Sono però coscienti di dire quanto basta al loro scopo.

    Il fine del vangelo è che ogni lettore sia in grado di scrivere il suo quinto vangelo, ancora non scritto, che è la sua vita concreta vissuta in Cristo, da lui trasfigurata. Chi ascolta la Parola diventa a sua volta vangelo vivo.


     

     

     

    Posted by attilio @ 16:58

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