• 02 Set

    Immaginazione e vita spirituale

    Di Matta el Meskin

    Tra le grazie con le quali Dio ha gratificato l’uomo c’è l’am­piezza dell’immaginazione umana capace di estendersi ben oltre i limiti del mondo materiale. Il pensiero umano è in grado di abbracciare tutto ciò che si trova sulla terra e si estende ancora oltre a immaginare ciò che è nell’aldilà.

    Dio ci ha fornito di un’immaginazione viva affinché possia­mo rappresentarci gli eventi del passato, viverne, partecipare alle loro grazie e preservarci dai loro errori. Così, dalla vita di Cri­sto, dei profeti e dei santi, possiamo attingere immagini viventi e imprimerle nelle nostre vite: “Ricordatevi dei vostri capi, i quali vi hanno annunziato la parola di Dio; considerando atten­tamente l’esito del loro tenore di vita, imitatene la fede” (Eb 13,7). “Imparate da me” (Mt 11,29).

    Unendo al presente delle nostre vite il passato con le sue im­magini vive impresse nella nostra memoria, possiamo prolungar­lo grazie all’immaginazione e concepire un avvenire migliore.

    L’immaginazione è il legame che unisce le verità del passato alle realtà del presente e alle speranze del futuro.

    Tuttavia l’ampiezza dell’immaginazione differisce a seconda delle persone; ve ne sono alcune dotate di un’immaginazione potente, illimitata, capace di concepire le cose nella loro verità senza vederle. Così, non appena il loro sguardo cade su cose or­dinarie, insignificanti per gli altri, vi vedono una bellezza e un fascino nascosti e ne traggono considerazioni di un’estrema pre­cisione e perspicacia.

    Altri non vedono negli eventi che immagini pure e semplici che nella coscienza rapidamente si dissipano, al punto che i sen­si vi prestano poca attenzione; esse passano senza lasciare nell’a­nima alcuna traccia.

    Certuni possono farsi un’idea estremamente sensibile degli eventi del passato; tutti i sensi partecipano allora al clima dell’e­vento, tanto che la persona percepisce in profondità di vivere in esso. Coloro che sono dotati di questo tipo d’immaginazione sono profondamente impressionati dalla vita di chi li ha prece­duti, possono facilmente trasporre immagini della vita dei loro predecessori e imprimerle nella propria vita; esse diventano così verità del presente.

    L’immaginazione, come ogni dono naturale creato da Dio, può deviare e, invece di essere per l’uomo causa d’elevazione e di crescita sul cammino della virtù, può trarlo in inganno, la­sciando vagabondare il suo pensiero verso il male e la passione, perdersi nelle futilità e nel distorcimento morale e consegnarsi a sogni illusori.

    Se l’uomo non diffida di questa deriva, se non governa il proprio pensiero e non controlla la propria immaginazione, sarà per lui di un’influenza disastrosa, in particolare durante la pre­ghiera.

    Dobbiamo dunque cercare di sapere come nasce l’immagina­zione.

    L’immaginazione non è un entità esistente in quanto tale, li­bera dal comportamento dell’uomo, come a prima vista può sembrare; è la risultante di molteplici forze: l’ambizione, l’im­potenza, la passione repressa, l’invidia amara, la collera e la pau­ra sono fattori che possono risvegliarla e proiettarla lontano dal mondo della verità e della realtà per supplire a ciò che l’anima è stata incapace di realizzare.

    Per questo, per curare dal vagabondaggio del pensiero nei sogni e dall’evasione dal mondo reale, si parte dall’analisi dei soggetti del pensiero vagabondo. E’ un percorso relativamente facile che uno può fare da solo. Per garantire però un risultato determinante è meglio che sia il padre spirituale a guidare una simile analisi.

    È inutile tentare di controllare il pensiero con la forza; è im­possibile. La mente continua a funzionare e il pensiero a dispie­garsi fino a quando nell’uomo c’è un soffio di vita, sia sveglio oppure dorma. Il rimedio sta nella conoscenza della ragione del vagabondaggio del pensiero nei territori del male, e poi nel per­corso necessario per trattare le cause della repressione.

    Parimenti, dobbiamo preparare al pensiero un buon terreno, perché possa installarvisi e soddisfare i propri bisogni immagi­nativi e contemplativi, esercitandolo alla contemplazione e al ri­cordo degli eventi della Scrittura e delle vite dei padri, attraver­so un sostenuto esercizio quotidiano.

    Nonostante tutto quel che possiamo dire e tutto ciò che pos­siamo fare a proposito del controllo del pensiero, in modo particolare durante la preghiera, in realtà, per l’uomo c’è un unico cammino che gli permette di raggiungere la pace interiore e il riposo del pensiero: l’amore, l’amore che sgorga dalla fede e dal­la fiducia in Dio. I metodi volontaristi del controllo del pen­siero possono riuscire a governare parzialmente il pensiero e le capacità immaginative, ma non possono riuscire a fissare il pen­siero in Dio.

    Quando nel cuore dell’uomo esplode l’amore di Dio, esso non investe soltanto la mente, ma tutti i sensi, e l’uomo tutto intero diviene bocca che parla e orecchio che ascolta: nessuna forza può più separarlo dal suo dialogo d’amore con Dio.

    Quando l’amore di Dio ne infiamma il cuore, l’uomo, non so­lo controlla il proprio pensiero e i propri sensi ma, nella propria interezza, accede anche a uno stato di quiete e di serenità pa­ragonabile al paradiso.

    Ciò dipende dal senso di sicurezza e di fiducia assoluta che si riceve alla presenza del Dio onnipotente. Il passato, con i suoi mali e i suoi tristi ricordi, è cancellato dall’orizzonte del pensiero in preghiera, nemmeno esistono più le preoccupazioni del presente con le loro esigenze, e scompare l’angoscia del futuro con le sue incognite. Ormai l’anima riposa in Dio. Ha posto in lui una fiducia illimitata, simile a quella del bimbo che riposa sul seno di sua madre.

    Uno dei più grandi misteri del nostro amore di Dio e del suo impatto sull’anima umana è, senza dubbio, la capacità di quest’amore di convincere l’anima ad affidare totalmente, semplice­mente e immediatamente, la propria volontà, la propria vita, le proprie speranze e la propria debolezza nelle mani del suo ama­to. L’uomo si alza allora per pregare, non soltanto con lo spirito chiaro e il pensiero controllato, ma anche con un senso di ab­bandono, di serenità e di calma perfino nelle situazioni d’ango­scia e di turbamento più violente e pericolose.

    L’atteggiamento del martire che avanza verso la spada del carnefice con calma e tranquillità, pregando e levando al cielo le mani e gli occhi, è immagine viva ed eloquente della potenza dell’ amore capace di vincere su tutto.

    Per colui che ama, la disposizione al dono di sé e all’abne­gazione è il miglior scudo contro tutti gli imprevisti, tutte le minacce e le angosce che, durante la preghiera, sono i fattori più potenti di turbamento del pensiero.

    Posted by attilio @ 08:04

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