• 28 Ago

    SOLIDARIETA’: ESSERE IN RELAZIONE

     a cura di p. attilio f. fabris

    Se accostandoci al nostro mistero ci siamo scoperti soli, limitati, nel medesimo tempo avvertiamo una grande forza, un bisogno, che ci spinge a porci in relazione: il bisogno di relazione deriva dall’essenza e dalla coscienza del nostro essere persone umane.

    Siamo creati ad immagine di Dio e Dio è relazione trinitaria. La Gaudium et Spes afferma al n. 12: L’uomo, per sua intima natura, è un essere sociale e senza rapporti con gli altri non può vivere né esplicare le sue doti.

    L’apertura agli altri è connaturale, stabilire e allacciare legami con gli altri risponde alla nostra natura; formare il “noi”, ovvero la comunità, è una delle nostre aspirazioni essenziali. Nessuna è un’isola autosufficiente, tutti abbiamo bisogno di relazione per completarci

    Come entrare in relazione, con quale atteggiamento? Anzitutto porsi nella percezione dell’altro come “mistero”. L’altro è un Tu differente da me, che mi sta dinanzi e mi interpella. Io non sono un oggetto per il tu e neppure il tu lo deve essere per me.

    Dall’incontro di due misteri nasce la tensione alla comunione. Per essere autentica deve sempre rispettare la soglia di “solitudine” che è il centro dell’altro. Occorre perciò riconoscere nell’altro un nucleo incomunicabile. Questo limite certo comporta sofferenza, ma senza di esso vi sarebbe fusione confusa, non ci sarebbe né un Io né un Tu.

    Il fatto che l’altro resti altro fa scattare altri atteggiamenti: innanzitutto il rispetto e l’accoglienza non giudicante. Non ne desidero l’assorbimento, la fusione che indicherebbe patologia. La vera relazione è integrazione, incontro, di due persone.

    L’intimità nasce sempre da questo tipo di incontro: essa non pone l’accento né sull’uno né sull’altro, è indipendente. Diviene clima, atmosfera di fiducia, accoglienza incondizionata.

    E dove c’è incontro c’è amore, e dove vi è amore vi è Dio.

    AD IMMAGINE DELLA TRINITA’

     Dio ci ha creati a sua immagine e somiglianza. Ad immagine e somiglianza della vita trinitaria.

    Possiamo affermare che l’uomo trova la sua metafisica, il suo fondamento, nella teologia trinitaria. E’ l’uomo trinitario, non chiuso in se stesso come in occidente, e neppure l’uomo che viene assorbito, fuso, o nei totalitarismi o nelle mistiche orientali. L’”uomo trinitario” è perciò per natura essere in relazione. Questo passaggio dalla comunione divina a quella umana si è attuata in Cristo, nel suo comandamento, per il dono dello Spirito, poiché nella Pentecoste avviene il miracolo dell’unità nella diversità.

    Il mistero della persona e della comunità deve far riferimento al mistero trinitario.

    Nella Trinità ogni Persona è relazione sussistente, ovvero pura relazione. Nella Trinità ciascuna persona è pienamente se stessa senza confusione in perfetta relazione.

    Questa relazione fa delle persone divine una comune-unità.

    Tutto in comune senza perdere nulla di se stesse. Non esiste confusione, fusione, ma passaggio di amore perfetto tra l’una e l’altra.

    Questo deve divenire punto di riferimento per la nostra vita. Dare tutto restando noi stessi. Nella Trinità ogni persona è dono di sé, un dono che viene comunicato all’uomo rendendolo capace di comunione nonostante il peccato.

    A nostra volta realizziamo ricevendo dall’altro, sia donando all’altro.

    Un Dio solitario non sarebbe l’Amore senza limiti. Un Dio dualizzato sarebbe l’origine di una cattiva molteplicità che deve alla fine essere riassorbita. La trinità è la pienezza dell’unita nella comunione molteplice. L’unità- trinitaria indica l’infinito superamento dell’opposizone come della solitudine. Ciascuna persona divina contiene l’unità mediante la sua relazione alle altre, non meno che per la sua relazione con se stessa (s. Giovanni Damasceno).

    Il nostro vivere la relazione allora è sorretto dalla solidarietà, che è corresponsabilità e interdipendenza gli uni nei confronti degli altri.

    Ancora la GS al n. 24 dice: L’uomo, la sola creatura che Iddio abbia voluto per se stesso in terra, non può ritrovarsi pienamente, se non attraverso un dono sincero di sé.

    “Se noi possiamo amare è perché rispondiamo all’amore di Dio. Dio ci ama per primo. L’amore si incarna e viene a noi in Gesù, lo Spirito santo è questo amore che si effonde nei nostri cuori. Così noi amiamo Dio per mezzo di Dio, lo spirito ci rende partecipi dell’amore con cui il Padre ama il Figlio e il Figlio il Padre. L’amore ci getta negli spazi trinitari, gli spazi trinitari sono gli spazi dell’amore” (O. Clement)

    Posted by attilio @ 07:47

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