• 08 Apr

    La morte dell’uomo vecchio

    da p. Amedeo Cencini

    Per costruire un autentico rapporto con Dio occorre essere disposti ad un’opera di smantellamento dell’uomo vecchio, se non vogliamo accontentarci di mettere vino nuovo in otri vecchi e continuare a rammendare tutta la vita abiti logori.

    Di quale opera di smantellamento? Si tratta di liberarci anzitutto dalle false immagini di Dio che ci sono state proposte nell’arco della vita e/o che da noi stessi ci siamo costruiti.

    Teniamo presente che ad un’immagine di Dio corrisponde un itinerario spirituale preciso. Ad una falsa immagine di Dio corrisponde un falso itinerario spirituale.

    Le illusioni

    E’ per questo che è facile  correre il rischio di cadere in pericolose illusioni.

    Gesù nel vangelo ci dona un criterio di discernimento per il nostro itinerario spirituale: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente, con tutte le tue forze” (Mc 12,30).

    Per fare un’esperienza autentica di Dio occorre tutto l’uomo: cuore, mente, volontà.

    La globalità del nostro essere, la totalità dei nostri dinamismi in esso insiti.

    Se Dio è Dio egli è tutto o niente.

    L’illusione sentimentale

    Il sentimentale crede che per conoscere Dio occorre che io ne “senta” l’emozione, lo sperimenti sentimentalmente.

    Dio è ridotto ad un’emozione piacevole, il mio essere è considerato solo un fascio di sensazioni.

    Una impostazione di cammino spirituale di questo genere risulterà: instabile, illusorio, contraddittorio.

    Instabile: la nostra emotività è instabile. All’entusiasmo succede la freddezza, il disinteresse. (Soprattutto questo nell’ambito della preghiera).

    Illusoria: l’emozione rimane fine a se stessa e non porta ad un reale cambiamento e conversione: “Si cercano le consolazioni di Dio ,e non il Dio delle consolazioni).

    Contraddittorio: non ci si compromette realmente in una relazione amorosa con Dio che è richiesta in un autentico rapporto. L’attenzione è ancora centrata su di sé.

    Deviazioni possibili: la superstizione, la disperazione, lo spiritualismo, il devozionalismo, l’intimismo pietistico.

    Dio è il Dio della vita, non un oggetto di consumo per la ricerca di “esperienze spirituali”.

    L’illusione morale

    La volontà qui è assolutizzata. Per fare esperienza di Dio devo fare determinate cose, devo osservare un determinato codice morale, devo impormi una determinata ascesi.

    Come il giovane ricco diremo: “Che cosa mi manca?… Cosa devo fare?” (cf Mt 19,20).

    L’affettività sottostante è prevalentemente idealizzante. Fa da traino alla vita un alto ideale di sé, solitamente con funzione compensativa.

    Ma l’esperienza di Dio è prendere atto che è Lui a cercare l’uomo, a chinarsi su di lui: l’esperienza di Dio è puro suo dono. L’uomo può solo disporsi alla sua azione.

    Il volontarista:

    non sa dire grazie: Tutto è frutto delle sue fatiche. E’ lui che si acquista i meriti per la salvezza. Si vanta davanti a Dio come il fariseo della parabola. Dio è colui che premia o castiga: è giusto ed esigente padrone. Non è certo il padre del figliol prodigo, o il padrone degli operai dell’ultima ora.

    Non riconosce il suo limite: il limite stona, non è sopportato, non ci deve essere. Occorre in qualche modo negarlo. (Complesso della statua o del sughero!)

    La propria povertà non è occasione di grazia, del sentirsi accolto, amato, redento ma causa invece di deprezzamento di sé, di disistima. Il volontarista preferisce essere contato tra le file dei 99 giusti e non certo fra i peccatori di cui il paradiso fa festa.

    E’ un perfezionista-legalista: la legge gli dà sicurezza. Per cui è rigido con se stesso e con gli altri. Il v. Fatica ad amare perché la sua energia è tutta impiegata nel poter raggiungere la sua impossibile perfezione.

    Notiamo che alla lunga è molto difficile, se non impossibile, che uno regga nel cammino spirituale facendo leva solo sulla forza di volontà. Non ci si può chiedere di fare cose alla lunga solo perché si devono o si vogliono fare.

    L’illusione intellettuale

    C’è il tipo tutto testa. Ritiene egli che conoscere Dio sia azione prevalentemente speculativa. Il suo credere equivale ad una formula.

    Si tratta di una strumentalizzazione di Dio per i propri scopo di rassicurazione.

    Non ha il senso della trascendenza e del mistero: presume di sapere tutto, conoscere tutto, spiegare tutto. E’ il tipo che non ha nessun tipo di problemi in quanto riduce tutto ai propri schemi di pensiero. Dio è incasellato.

    Non è capace di silenzio adorante: vuole capire e programmare; gli risulta difficilissimo abbandonarsi. La propria vita è tenuta stretta tra le mani,

    Dio viene ridotto ad una funzione di certezza teorica.

    Conclusione

    Siamo contaminati tutti da queste illusioni.

    Il rendersene conto non è un dramma ma l’inizio della liberazione.

    “Illudere” è etimologicamente “predenrsi gioco”: e nessuna vuol prendersi gioco né di Dio né di se stessi.

    Non vi fate illusioni, non ci si può prendere gioco di Dio” (Gal 6,7).

    Posted by attilio @ 20:40

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