• 04 Giu

    IL PERDONO IN COMUNITA’
    Mt 5,23-24

     

    a cura di p.Attilio Franco fabris

     

    In una comunità di giusti e di perfetti il perdono sarebbe una sgradita eventualità.

    Se invece la comunità è famiglia in cui constatiamo quotidianamente la nostra debolezza e la nostra fatica ad amare, allora il perdono da dare e ricevere dev’essere una presenza costante.

    In una comunità di perfetti tutto deve andare bene e non vi è nulla da perdonarsi: si tratta di una comunità  in fin dei conti poco cristiana.

    Una comunità composta di peccatori “consente” ai propri componenti di essere limitati, diversi,  colpevoli. La comunione nasce non solo dalla condivisione di ideali, ma anche dalla convinzione di aver bisogno l’uno del perdono dell’altro.

    Non vi è un sogno di un’umanità non segnata dal peccato, ma l’accettazione di uno sforzo umile e paziente di ricerca della riconciliazione che è sempre più forte del peccato.

    CUORE DELLA VITA COMUNITARIA

    Una comunità non può costruirsi e restare in vita al di fuori di una logica di perdono.

    Infatti:

    La riconciliazione impedisce al peccato di ostacolare i rapporti fraterni. Il peccato tende ad agire rimanendo nascosto.

    Non bisogna neppure illudersi che basti un perdono sacramentale: non è sufficiente!

    Finché il male rimane nascosto distrugge e spezza la comunità, quando viene riconosciuto nel perdono fraterno non solo perde ogni suo potere malefico, ma può addirittura diventare occasione di crescita e di riscoperta di ciò che ci unisce.

    Non vi può essere comunità senza perdono in quanto la riconciliazione è l’unica via storica per la comunione.

    La vita comunitaria è una rivelazione penosissima delle nostre debolezze e delle nostre tenebre “è il luogo in cui si scopre la profonda ferita del proprio essere e in cui si impara ad accettarla” (J. Vanier).

    Se noi rinasciamo proprio da queste ferite allora significa che anche le nostre comunità nascono dall’accettazione reciproca delle ferite di ciascuno.

    LA PARABOLA DELLA COMUNITA’ RICONCILIATA

    Ogni comunità è costruita sul paradigma della parabola del figliol prodigo.

    Non ci sono ruoli fissi perché tutti siamo ora come il figliol prodigo, ora come il figlio maggiore, talvolta come… il padre misericordioso.

    Una prima cosa è quella di imparare bene il ruolo del figliol prodigo: ovvero prendere seriamente coscienza del proprio peccato, dei propri torti nei confronti della comunità. Si tratta di trovare il coraggio di chiedere il perdono.

    Quando c’è questa coscienza e quando tale coscienza si manifesta in atteggiamenti concreti, si scopre la dimensione “materna” della comunità: ci si sente accolti sempre e molto più di quanto noi meriteremmo.

    Se non percepisco così la comunità dovrei anzitutto interrogarmi su come vivo e su come interpreto il mio essere peccatore di fronte agli altri. Chi non si sente a sufficienza figliol prodigo percepirà quasi sicuramente una comunità matrigna.

    Molte altre volte ci si comporta come il fratello maggiore: non vogliamo perdonare e ci da fastidio chi lo fa: chi impedisce la vita comunitaria non è tanto chi sbaglia, ma chi s’irrigidisce nel giudizio o nella condanna, e s’ostina a non capire che il perdono dato a un fratello giova a tutti e tutti ne devono godere.

    C’è infine, fortunatamente, chi cerca di identificarsi con il padre misericordioso: sono coloro che si pongono con un atteggiamento di pazienza e di fiducia nei confronti dell’altro. Un atteggiamento che può sembrare perdente agli occhi di tanti…

    Una comunità ha bisogno ogni giorno di cucire e ricucire i propri rapporti fraterni senza meravigliarsi degli inevitabili strappi.

    QUALCHE GESTO CONCRETO

    Ecco perché vi è necessità nella vita quotidiana di porre dei segni di riconciliazione.

    Uno di questi potrebbe essere la celebrazione di liturgie penitenziali. E’ un mettersi dinanzi al Signore insieme. Sia lui a dare la forza di perdonare, sia lui a sanare le ferite che tardano a rimarginarsi, sia lui a ristabilire quei rapporti che sembrano irrimediabilmente compromessi. Sarebbe bello che queste liturgie terminassero con un momento i festa.

    Un secondo gesto da valorizzare è il quotidiano rito penitenziale iniziale e lo scambio della pace durante la celebrazione eucaristica. Abbiamo bisogno ogni giorno di riconoscere il nostro peccato che provoca divisione, ogni giorno abbiamo bisogno di rinnovare la ragione del nostro stare insieme e del nostro riconciliarci prima di sedere insieme attorno alla mensa preparata per noi.

    Proprio perché viviamo in comunità c’è necessità di ripetere gesti, semplici ma veri, che esprimano una volontà di pace e di concordia.

    Un terzo elemento prezioso è la condivisione comunitaria, ovvero la correzione fraterna e la revisione di vita.

    Un tempo la vita dei monasteri e dei conventi era regolata anche da quello che si chiamava il “capitolo delle colpe”. Esso rivestiva un ruolo importantissimo. Ricordava che tutti erano peccatori verso la comunità e tutti avevano il bisogno del perdono di Dio e dei fratelli.

    Si è perso purtroppo in tante comunità questo gesto “sacramentale”, non sostituendolo con nient’altro. Esso va ricuperato con un linguaggio diverso. Certamente si tratta di un momento estremamente delicato che va vissuto in un clima di preghiera.

    Non dimentichiamo anche la correzione vicendevole fatta per amore e non per stizza o per umiliare l’altro.

    Infine ricordiamoci (specie prima delle nostre riunioni comunitarie) che se il nostro cuore non è in pace è pressoché impossibile accogliere in tutta verità la parola di Dio, la sua volontà.

    SCHEDA DI LAVORO

    1. Leggi e medita la parabola del Padre misericordioso in Luca 15,11-32.

    2. Spesso sogniamo una comunità di perfetti in cui il perdono vicendevole è un spiacevole inconveniente di percorso. Prendi invece atto che siamo comunità di peccatori bisognosi tutti di perdono e di riconciliazione tra noi e il Padre?

    3. Confrontandoti con i vari personaggi con quale ti sembra di trovarti maggiormente in sintonia?

    4. Quali gesti di riconciliazione potresti far sì che si attuassero nella tua comunità?

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

    Posted by attilio @ 07:12

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