• 09 Mar

    La discendenza: la soluzione di Dio: una promessa

    Gn 17,1-27

    di p. Attilio Franco Fabris

    Il racconto della nascita di Ismaele poteva lasciar indurre che la promessa si sia realizzata. Non è così!

    Jhwh riprende in pugno la situazione e diventa il protagonista principale.

    La discendenza, frutto della promessa,  non può essere il risultato di espedienti umani.

    E’ questo il significato di questo racconto in cui si parla nuovamente di alleanza (cfr c. 15).

    L’apparizione di Jhwh: vv. 1-3a

    Abramo ha ormai novantanove anni, uno meno di cento. La cifra significa: “ora o mai più”.

    Per la seconda volta Jhwh gli appare. Le parole che gli saranno rivolte assomigliano molto a quelle udite nel momento della sua chiamata (12,1-4).

    Anzitutto si rivela con il nome solenne di “El Shaddai” (l’Altissimo, l’Onnipotente): Colui che può tutto.

    Poi a differenza della prima alleanza qui Dio avanza alcune richieste: “Cammina nella mia presenza (= davanti al mio volto)”. Se all’inizio Dio gli ha chiesto di partire, ora gli chiede di vivere in relazione con lui, ogni suo atto dovrà essere in riferimento a Dio.

    “Sii integro”, ovvero giusto come Enoch e Noè (Gn 5,24; 6,9). Questo significa che finora Abramo non ha vissuto finora così? Potrebbe essere. Non sempre infatti il suo comportamento è stato corretto e improntato sulla fiducia sulla Parola. L’invito ad essere “integro” non è appello semplicemente morale, ma desiderio che l’uomo si apra alla fiducia e alla collaborazione col suo progetto.

    La realizzazione della Promessa dunque richiede anche la collaborazione dell’uomo. Diceva Agostino: “Chi ti ha creato senza di te, non ti salverà senza di te”. Se Dio avanza richieste lo è sempre in vista delle promesse (cfr 12,3: “cosicché io…”). Ordine e promessa sono inseparabili.

    Dio dunque rinnova a questo punto le promesse: “Stabilirò la mia alleanza tra me e te…ti moltiplicherò grandemente”. Ma è sempre Dio che “pone”, mette dinanzi, ad Abramo la proposta di alleanza. Alla libertà dell’uomo aderirvi o meno.

    Abramo al termine di queste parole si prostra in obbedienza e sottomissione.

    Quali le sue risonanze? Si risveglia in lui la speranza? Oppure… ha novantanove anni!

    La promessa e il cambiamento del nome: vv. 3b-8

    In un secondo intervento Dio, che qui viene chiamato con il nome di Elohim, esplicita ancor più le promesse.

    La parola alleanza è ripresa tre volte. Se prima dice di volerla “stabilire” (v.2), adesso dice di volerla “far sussistere” (v.7), non solo tra lui e Abramo ma “con te e con la tua discendenza dopo di te”, essa sarà “perenne” il che finora non era mai stato detto. Il dono del patto di amicizia tra Abramo e Dio non sarà mai più ritirato: “i doni di Dio sono irrevocabili” (cfr Rm 11,29).

    Un grande dono è collegato a quest’alleanza, Dio afferma di voler “essere il Dio tuo e della tua discendenza dopo di te” (vv. 7.8). Un’amicizia che non sarà mai tradita.

    Anche la promessa della discendenza viene qui sviluppata. Abramo sarà “Padre di una moltitudine di Nazioni” (‘Abh hamon), per cui non si chiamerà più solo Abram ma Abramo. Egli assume una paternità universale. Il cambiamento di nome sta a sottolineare questo.[1]

    A tutto ciò si aggiunge la promessa della terra.

    L’ordine: vv.9-14

    “Da parte tua…”: ora Abramo è invitato a rispettare l’alleanza che Jhwh ha stabilito, cosa che non dovrà far solo lui ma tutta la sua discendenza. L’obbligo dell’alleanza consiste nella circoncisione di tutti i maschi.

    Quale il significato di tale rito? Diversi popoli praticavano e praticano la circoncisione per ragioni iginieniche ed è legata quindi alla nozione di purità (cfr Ger 9,24-25). La circoncisione toglie dall’uomo il “difetto”, l’impurità, e lo rende così senza macchia e integro agli occhi di Dio.

    La circoncisione veniva praticata all’età della pubertà come rito di iniziazione ed era legata alla fertilità. Praticata dopo otto giorni dalla nascita assume un ulteriore significato: diviene “segno” visibile di appartenenza al popolo dell’alleanza (v.11).[2]

    Il gesto di recidere l’estremità dell’organo sessuale fa ricadere simbolicamente sul bambino le maledizioni dell’alleanza, se non vi rimane fedele. Il gesto ha un significato simbolico simile all’azione di passare in mezzo alle parti degli animali divisi. L’ottavo giorni è significativo: il bambino è vissuto già sette giorni, i giorni della creazione (cfr Lc 2,21).

    Chi nel popolo rimarrà incirconciso dovrà essere eliminato: ovvero chi non avrà tagliato l’alleanza con Jhwh sarà tagliato dal popolo.

    La promessa e il cambiamento del nome di Sara: vv. 15-17

    Jhwh cambia il nome anche a Sarai in Sara. Ambedue i nomi significano “Principessa”. Anche Sara riceve una benedizione immediata e universale. La benedizione immediata è il dono di un figlio non più frutto di espedienti umani, proprio da lei che ora ha ottantanove anni e che è sterile.

    LA benedizione universale sarà una grande discendenza di nazioni  e re.

    La reazione di Abramo: vv. 18-22

    Abramo si prostra a terra, ma nello stesso tempo il testo pone sulle sue labbra il riso. Il gesto esteriore corrisponde a ciò che Abramo avverte nella sua coscienza? Cosa esprime questo riso? Sorpresa, gioia, dubbio…?

    Nel commentare la promessa di Dio, il suo riso (jishaq = egli ride) annuncio il futuro bambino.

    Per la prima volta Abramo parla: lo inizia a fare tra se e se. Egli dubita sperando: “Ad uno di cento anni nascerà un figlio? E Sara, all’età di novant’anni potrà partorire?”. Umanamente tutto ciò è impossibile.

    Abramo si rivolge dunque a Dio: “Che almeno Ismaele viva sotto il tuo sguardo!”. Che significato può avere questa preghiera? Abramo dubitando offre un’alternativa, vuole andare sul sicuro: si accontenterebbe già che Ismaele possa vivere sotto lo sguardo di Dio, non potrebbe già essere lui l’erede delle promesse.

    La risposta di Jhwh ad Abramo è categorica: “no!”.

    Sara avrà un figlio. Il vero erede della promessa non sarà unicamente del sangue di Abramo ma anche di Sara. Questo bambino si chiamerà Isacco (“Egli ride”: chi Abramo o Dio?).

    Tuttavia Dio dice di voler esaudire la preghiera riguardo ad Ismaele (Dio ha ascoltato). Egli gli riserva un grande avvenire: sarà benedetto con una discendenza grande e forte.

    Strana figura quella di Ismaeòe: pur circonciso si pone dentro e fuori l’alleanza.[3]

    Quale il significato di questa posizione e decisione di Dio? Quale la differenza essenziale tra Isacco e Ismaele?

    L’esecuzione dell’ordine: vv. 23-27

    Abramo immediatamente obbedisce all’ordine di Dio: “in quello stesso giorno… come Dio gli aveva detto”.


    [1] Romani 4:17 Infatti sta scritto: Ti ho costituito padre di molti popoli; [è nostro padre] davanti al Dio nel quale credette, che dà vita ai morti e chiama all’esistenza le cose che ancora non esistono.

    Galati 3:16 Ora è appunto ad Abramo e alla sua discendenza che furon fatte le promesse. Non dice la Scrittura: «e ai tuoi discendenti», come se si trattasse di molti, ma e alla tua discendenza, come a uno solo, cioè Cristo.

    [2] Romani 4:10-11 Come dunque gli fu accreditata? Quando era circonciso o quando non lo era? Non certo dopo la circoncisione, ma prima. Infatti egli ricevette il segno della circoncisione quale sigillo della giustizia derivante dalla fede che aveva già ottenuta quando non era ancora circonciso; questo perché fosse padre di tutti i non circoncisi che credono e perché anche a loro venisse accreditata la giustizia

    [3] Galati 4:22-23 Sta scritto infatti che Abramo ebbe due figli, uno dalla schiava e uno dalla donna libera. Ma quello dalla schiava è nato secondo la carne; quello dalla donna libera, in virtù della promessa.

    Posted by attilio @ 08:52

Leave a Comment

Please note: Comment moderation is enabled and may delay your comment. There is no need to resubmit your comment.