• 15 Dic

    L’ “incubazione” del Kerygma:
    Luca 24,36-43

     

    a cura di p. attilio franco fabris

     

    Il processo di assimilazione della Buona Notizia si presenta senta a Gesù così problematico da dover egli prevedere per la sua piccola comunità un itinerario di ascolto molto laborioso. Il racconto dell’apparizione di Gesù nel cenacolo in Luca 24,36-43 sottolinea la difficoltà dei discepoli ad accogliere la presenza di Gesù risorto. Egli appare loro come un “fantasma”, ovvero una realtà irreale che non ha nulla da condividere con la nostra esperienza umana. Da dove proviene questa chiusura? Questa difficoltà? Tale difficoltà è dovuta al sovrapporsi, nella coscienza dei discepoli, allo scandalo della crocifissione, dello scandalo della risurrezione. Gesù si rende conto che la sua passione non è ancora terminata: la durezza del cuore dei discepoli, non ancora arresi alla buona notizia, gli chiede di morire ancora una volta per loro. Questo vuol dire che l’incontro fra il Gesù postpasquale e i suoi amici non è ancora una festa, ma una battaglia. A questa passione nuova Gesù si dispone con gratuità e generosità a lui consuete.

    Questo vuol dire che la “memoria passionis” che Gesù, nel Cenacolo propone ai suoi, è nel momento stesso in cui egli la propone un “memoriale passionis”: in altre parole, nel momento in cui Gesù in persona fa della “memoria passionis”, spiega cioè ai suoi il significato della sua morte e questa morte ricorda e ripresenta loro (le piaghe rimangono nel corpo di Cristo!), in quello stesso momento egli è disposto a nuovamente “morire” per loro. Questo “memoriale passionis” è necessario per  introdurre i discepoli nell’intelligenza della Pasqua di Gesù e delle Scritture. Nessuno, al di fuori di Gesù, può offrire ai discepoli il servizio di questa “memoria passionis”. Ma per offrire         questo servizio che si scontra con la durezza di cuore e l’incredulità è necessario che Gesù sia disposto nuovamente a morire .

    Ed ecco: nel Cenacolo, proprio lì, non può esserci “memoria passionis” senza “memoriale passionis”, senza che si rinnovi nuovamente la morte di Cristo. Chi c’è al mondo, se non Gesù stesso, che possa sostenere l’impegno di questo memoriale?

    Nel Cenacolo questa “memoria” e questo “memoriale” non sono elaborati dalla comunità. Non sono proposti dai testimoni della Passione, non da Giovanni, non da Pietro, neppure da Maria. Questa “memoria e memoriale” sono offerti dalla comunità solo dall’unico che li può offrire: Gesù in persona. Se fosse mancata questa auto-testimonianza la buona notizia non si sarebbe mai messa in moto.

    La comunità degli apostoli riceve da Gesù questo tesoro immenso. Un tesoro così grande che i poveri discepoli barcollano, vacillano.

    Gesù consegna questo tesoro ai suoi ripetutamente. Poi affida la comunità all’accompagnamento di Maria e da le sue due consegne alla comunità (restare in città – attendere l’adempimento del dono di Dio). Nel cenacolo a furia di ruminare la testimonianza autobiografica di Gesù la coscienza della comunità arriverà pian piano a comprendere ed accogliere la portata della Buona Notizia, ed entrerà in sintonia con quella “memoria” e quel “memoriale” che Gesù le ha affidato.

    E’ un processo di assimilazione che permette alle loro coscienze di aprirsi alla comprensione del kerygma. Potremmo definirlo il tempo di “incubazione” del primo annuncio. La coscienza si dispone così ad accogliere il dono della pentecoste: quando il cuore accoglie finalmente la Buona Notizia, allora il dono del Signore irrompe generosamente nella vita, e la comunità postpasquale diviene finalmente cristiana.

    Piste di riflessione

    ∑    Ritieni che il kerigma sia da noi già sufficientemente assimilato e annunciato? Da cosa lo deduci?

    ∑    Avverti l’esigenza di attivare tale “incubazione” del Kerygma nel nostro vissuto comunitario ed apostolico. In quale modo si potrebbe farlo?

    ∑    Perché avvertiamo la fatica di fermarci nelle nostre comunità per metterci insieme in ascolto della Parola del Crocifisso Risorto? Da che cosa dipende? Solo dall’educazione ricevuta, o forse anche da una scarsa volontà di attuare condizioni tali da permetterlo? E perché questa scarsa volontà? Forse manchiamo di fiducia in tal senso?

     

     

    Posted by attilio @ 12:44

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