• 12 Dic

    Una comunità che riceve un mandato

    At 1,1-12

    a cura di p. attilio franco fabris

    La manifestazione della presenza del dono del Signore alla prima comunità cristiana viene descritta secondo le categorie delle teofanie del Sinai. Questo sta ad indicare il parallelismo fra la festa ebraica della pentecoste e la Pentecoste cristiana.

    Come nell’A.T. l’antico Israele riceve sul Sinai le tavole della legge (e la Pentecoste ebraica è la festa che celebra il dono della Legge), così la comunità cristiana riunita nel cenacolo riceve il dono della Legge nuova, il dono dello Spirito, la nuova legge del cristiano.

    Come si ricava dal resto del racconto i frutti della pentecoste sono: anzitutto la “parresia”, poi la libertà di comunicare con tutti, nessuno escluso.

    La comunità degli apostoli è nel Cenacolo, sono tutti insieme nello stesso luogo. Da quanto tempo? Cosa ci stanno a fare?

    Non  è possibile stare alla cronologia certo simbolica degli Atti. Stando a questa cronologia verrebbe da dire: “Sono lì da dieci giorni”. In realtà questa cronologia rispecchia l’intenzione di Luca di far cadere il giorno della Pentecoste cristiana nel giorno della Pentecoste ebraica.

    Ma proseguiamo nel cammino a ritroso.

    Luca racconta che dopo l’ascensione gli apostoli tornano a Gerusalemme, ritirandosi nel Cenacolo. Ecco il retroterra della Pentecoste: il gruppo degli apostoli e delle donne, con Maria, è accampato notte e giorno nel “piano superiore” del Cenacolo. A che scopo?

    Dicono gli Atti “tutti erano assidui e concordi nella preghiera” (v.14). Luca sottolinea la fedeltà di questa comunità all’ascolto della Parola, persevera in essa.

    Ma perché gli apostoli sono fermi nel cenacolo? Perché non fanno altro?

    Questa situazione, socio-religiosa, incomprensibile trova la sua giustificazione nella tradizione della consegna ferma, decisa, che Gesù ha dato prima di lasciarli ai suoi amici. Tale tradizione riveste un’importanza fondamentale.

    Facciamo ancora un passo indietro. Cosa può fare Gesù, dopo la sua resurrezione, se non condividere con i discepoli intensamente gli interessi e le vicende del regno di Dio al quale ha consacrato la vita? E’ Gesù che ordina ai discepoli di non allontanarsi da Gerusalemme e di attendere “l’adempimento della promessa del Padre”. Le consegne sono due: non allontanarsi e attendere. Una è condizione per l’altra. E ambedue assicurano l’adempimento “fra non molti giorni” (Quanti? La promessa si adempirà quando Dio vorrà).

    I discepoli non possono valutare anzitempo la portata del dono. E’ impossibile comprendere senza prima averne fatto esperienza.

    Dunque questa comunità accampata nel cenacolo vive questa consegna non in nome di una propria iniziativa, ma in ubbidienza alla parola di Gesù. Quanto durerà? Nessuno lo sa. Gli Atti non ci offrono una spiegazione. Come mai?

    Occorre risalire ancora più indietro. Alla conclusione del Vangelo di Luca, Gesù dà ai suoi la medesima consegna (Lc 24,49). E’ un dettaglio di una grandissima importanza dal punto di vista teologico. Luca lo pone proprio a cerniera tra vangelo e atti, quasi ad affermare che tale consegna costituisce l’epicentro come della sua opera, di tutta l’esperienza cristiana. Ci ritorneremo.

     

    Piste di riflessione

    ∑    Quale significato attribuisci alle consegne date da Gesù ai suoi: di fermarsi a Gerusalemme e di attendere?

    Posted by attilio @ 12:57

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