• 06 Giu

    “La libertà della fedeltà di Dio”
    lectio di Rm 9,1-33

     

    di p. attilio franco fabris

     

    Il capitolo affronta il grande problema di come leggere alla luce della storia della salvezza l’ostinazione del popolo ebraico di fronte all’annuncio evangelico.

    A motivo di questo rifiuto e la consecutiva nascita di un nuovo Israele sembra che Dio abbia respinto il popolo ebraico. Non ha raggiunto così la promessa.

    Ma se questo è accaduto si può dire che Dio è fedele?

    Non è un interrogativo da poco, infatti indirettamente riguarda anche la chiesa e tutti noi. Possiamo fidarci di Dio?

    In questo capitolo Paolo affronta il problema della libertà dell’uomo che può giungere sino a rifiutare il progetto di Dio. E Dio di fronte a questo rifiuto si ferma talmente egli rispetta la libertà dell’uomo.

    E’ questo un dramma che percorre tutta la storia della salvezza: come raccordare la fedeltà di Dio alla sua promessa e la libertà dell’uomo che la può rifiutare? Sembra un problema insolubile.

    vv.1-3

    1 Dico la verità in Cristo, non mentisco, e la mia coscienza me ne dà testimonianza nello Spirito Santo: 2 ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua. 3 Vorrei infatti essere io stesso anàtema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne.

    Anzitutto Paolo esprime tutta la sua sofferenza per il dramma del rifiuto di Cristo da parte del suo popolo. Vorrebbe divenire lui stesso “scomunicato” purché Israele si aprisse alla promessa del Vangelo.

    vv.4-5

    4 Essi sono Israeliti e possiedono l’adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse, 5 i patriarchi; da essi proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli. Amen.

    La riflessione parte dall’elenco dei privilegi concessi ad Israele lungo l’arco della storia della salvezza. Privilegi che avevano lo scopo – fallito – di preparare il popolo eletto a colui che è l’adempimento di tutto: Cristo Gesù.

    Israele aveva ricevuto:

    –         l’essere figlio dei patriarchi padri della fede e destinatari primi della promessa

    –         l’essere stato elevato alla dignità di “figlio” di Dio

    –         il dono della “gloria” di Dio presente in mezzo al suo popolo

    –         il dono delle alleanze di Abramo, di Mosè

    –         il dono della Legge

    –         il dono di un culto reso al vero Dio

    –         il dono delle promesse fatte ad Abramo e ai suoi discendenti.

    vv. 6-9

    6 Tuttavia la parola di Dio non è venuta meno. Infatti non tutti i discendenti di Israele sono Israele, 7 né per il fatto di essere discendenza di Abramo sono tutti suoi figli. No, ma: in Isacco ti sarà data una discendenza, 8 cioè: non sono considerati figli di Dio i figli della carne, ma come discendenza sono considerati solo i figli della promessa. 9 Queste infatti sono le parole della promessa: Io verrò in questo tempo e Sara avrà un figlio.

    Tuttavia il rifiuto di tutti i privilegi concessi ad Israele non segna il fallimento dell’agire di Dio.

    Infatti Dio ormai non si rivolge più all’Israele secondo la “carne” perché ormai si è costituito un nuovo Israele secondo lo “spirito” ovvero costituito per la fede nelle promesse. Gli appartenenti a questo nuovo Israele sono veri figli di Abramo.

    vv. 10-13

    10 E non è tutto; c’è anche Rebecca che ebbe figli da un solo uomo, Isacco nostro padre: 11 quando essi ancora non eran nati e nulla avevano fatto di bene o di male – perché rimanesse fermo il disegno divino fondato sull’elezione non in base alle opere, ma alla volontà di colui che chiama – 12 le fu dichiarato: Il maggiore sarà sottomesso al minore, come sta scritto: Ho amato Giacobbe e ho odiato Esaù.

    Dio infatti è libero nel donare i suoi doni. Il riceverli non è frutto dei “meriti” acquisiti dall’uomo. Il dono di Dio raggiunge chi vuole e quando vuole. Paolo porta l’esempio di Giacobbe ed Esaù.

    Certo questo agire di Dio sconcerta i nostri criteri umani che viaggiano secondo una nostra giustizia che tuttavia non è quella di Dio.

    Occorre qui fare attenzione: Paolo non sta affrontando il problema della predestinazione individuale ma semplicemente tentando di fare una lettura teologica della storia dei popoli. Storia che è guidata sovranamente da Dio secondo un’economia di salvezza. La ricaduta di un giudizio finale rientra nell’ambito della responsabilità individuale non collettiva.

    vv. 14-18

    14 Che diremo dunque? C’è forse ingiustizia da parte di Dio? No certamente! 15 Egli infatti dice a Mosè: Userò misericordia con chi vorrò, e avrò pietà di chi vorrò averla. 16 Quindi non dipende dalla volontà né dagli sforzi dell’uomo, ma da Dio che usa misericordia. 17 Dice infatti la Scrittura al faraone: Ti ho fatto sorgere per manifestare in te la mia potenza e perché il mio nome sia proclamato in tutta la terra. 18 Dio quindi usa misericordia con chi vuole e indurisce chi vuole

    A questo punto sembrerebbe quasi di poter affermare a nostro modo di vedere un “ingiustizia” presso Dio dato che egli non tratta tutti ugualmente.

    Ma che concetto abbiamo di Dio?

    Paolo esorta a riconoscere il mistero insondabile della sovrana libertà di Dio che non dipende dall’agire umano.

    (ne v. 18 si parla del cuore indurito del faraone da parte di Dio: bisogna leggere come volontà permissiva di Dio).

    Il rifiuto del dono della salvezza viene da Dio continuamente riproposto al suo popolo attraverso altre vie,

    vv. 19-24

    19 Mi potrai però dire: «Ma allora perché ancora rimprovera? Chi può infatti resistere al suo volere?». 20 O uomo, tu chi sei per disputare con Dio? Oserà forse dire il vaso plasmato a colui che lo plasmò: «Perché mi hai fatto così?». 21 Forse il vasaio non è padrone dell’argilla, per fare con la medesima pasta un vaso per uso nobile e uno per uso volgare? 22 Se pertanto Dio, volendo manifestare la sua ira e far conoscere la sua potenza, ha sopportato con grande pazienza vasi di collera, già pronti per la perdizione, 23 e questo per far conoscere la ricchezza della sua gloria verso vasi di misericordia, da lui predisposti alla gloria, 24 cioè verso di noi, che egli ha chiamati non solo tra i Giudei ma anche tra i pagani, che potremmo dire?

    Se l’indurimento del cuore è permesso da Dio e viene fatto rientrare nel suo piano di salvezza come mai poi viene condannato? Non è contraddittorio?

    In realtà Dio non è ingiusto nel punire la durezza del cuore. Anche attraverso il male Dio raggiunge mete salvifiche:

    –         egli infatti usa pazienza infinita nell’attesa della conversione del cuore.

    –         la punizione dimostra la stoltezza dell’uomo che crede di poter far da sé prescindendo da Dio.

    –         la fedeltà di Dio nonostante il rifiuto manifesta la potenza del suo amore.

    –         la durezza del cuore di Israele ha fatto sì che il vangelo fosse donato ai pagani.

    Dio ci rivela che i suoi disegni non forzano mai la libertà dell’uomo né destina alcuno alla perdizione.

    Dio prevede le “ribellionii” umane alla sua proposta, ma nella sua misericordia usa di questo male per farci raggiungere beni più alti.

    vv. 25-29

    25 Esattamente come dice Osea: chiamerò mio popolo quello che non era mio popolo e mia diletta quella che non era la diletta. 26 E avverrà che nel luogo stesso dove fu detto loro: «Voi non siete mio popolo», là saranno chiamati figli del Dio vivente. 27 E quanto a Israele, Isaia esclama: Se anche il numero dei figli d’Israele fosse come la sabbia del mare, sarà salvato solo il resto; 28 perché con pienezza e rapidità il Signore compirà la sua parola sopra la terra. 29 E ancora secondo ciò che predisse Isaia: Se il Signore degli eserciti non ci avesse lasciato una discendenza, saremmo divenuti come Sòdoma e resi simili a Gomorra.

    Tutto il dramma del rifiuto dell’opera salvifica di Dio verso il suo popolo è già preannunciata dalla predicazione profetica. Paolo porta a testimonianza tre testi: uno di Osea e due di Isaia.

    Osea parla di un non popolo che è il regno del nord che ha travisato la fede che accoglie la misericordia di Dio. Isaia parla di un “resto” che accoglierà le promesse di Dio.

    Quindi la profezia non ha mancato: l’Israele spirituale ha accolto la parola a differenza dell’Israele carnale. La promessa di Dio si è perciò realizzata (Anche se non ancora pienamente dirà poi Paolo) attraverso strade completamente nuove.

    vv. 30-33

    30 Che diremo dunque? Che i pagani, che non ricercavano la giustizia, hanno raggiunto la giustizia: la giustizia però che deriva dalla fede; 31 mentre Israele, che ricercava una legge che gli desse la giustizia, non è giunto alla pratica della legge. 32 E perché mai? Perché non la ricercava dalla fede, ma come se derivasse dalle opere. Hanno urtato così contro la pietra d’inciampo, 33 come sta scritto: Ecco che io pongo in Sion una pietra di scandalo e un sasso d’inciampo; ma chi crede in lui non sarà deluso.

    La colpa del rifiuto da parte di Israele non è perciò da attribuire a Dio ma solo alla durezza di cuore che fa sì che Israele cerchi la giustificazione-salvezza nella Legge. Cercando da sé una propria giustizia non l’ha raggiunta. La presunzione ha perduto Israele.

    Al contrario i pagani hanno ottenuto la giustificazione tramite la fede.

    Piste di riflessione e di dialogo

    1. Il discorso di Paolo vale per tutti, non solo per Israele. Vale per le nostre comunità, ma anche per ciascuno di noi.

    Siamo ricolmati di “privilegi” da parte di Dio. Quali? Prova ad elencarne almeno alcuni in ordine di importanza.

    2. Il dono più alto che il Creatore ha fatto a noi è una sovrana libertà dinanzi alla quale Dio si ferma. Questa libertà è un male o un bene?

    Se non l’avessimo sarebbe meglio? Perché?

    Se è un bene? Perché

    3. Questa libertà può essere usata per il bene ma anche per il male, anche verso altri e gli innocenti. Questo è uno scandalo per ogni uomo. Come Dio può permettere questo?

    Abbiamo paura della nostra libertà?

    Siamo veramente liberi?

    4. La Parola di Dio ci rivela che nonostante la nostra durezza di cuore, il nostro peccato, Dio persegue il suo disegno di salvezza per altre strade. Egli si ostina nell’aiutare ogni uomo e tutta l’umanità a raggiungere l’approdo della salvezza. Questo ci dice l’infinita misericordia di Dio.

    Puoi portare quale esempio, qualche fatto che vanga a dare testimonianza di questa verità?

    Dove ho sperimentato l’infinita pazienza di Dio nei miei confronti affinché io imparassi a gestire meglio la mia libertà?

     

    Posted by attilio @ 09:44

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