• 23 Apr

    Tradimento inaspettato

    Il canto della vigna: Isaia 5,1-7


    di p. Attilio Franco Fabris

     

    Messaggio centrale

    All’incommensurabile dono dell’Alleanza che Dio prepara e offre al suo popolo, Israele risponde in modo deludente. Siamo messi duramente dinanzi al dramma del nostro peccato, ovvero del nostro rifiuto di entrare nel progetto di Dio con la conseguente incapacità di “compiere la sua volontà”.

    Il messaggio dei profeti è una denuncia costante del peccato di Israele. Questo peccato consiste nella pretesa dell’uomo di far a meno di Dio: ma quest’atteggiamento porta sempre con sé solo sterilità, rovina e distruzione. Il peccato infatti non attenta solo ai diritti di Dio ma colpisce l’uomo stesso innescando nel suo cuore un virus di morte.

    Nel brano che ascolteremo il profeta Isaia utilizza il genere letterario della parabola utilizzando la ricca simbologia della vigna. Possiamo leggere la parabola di Isaia a tre diversi livelli: ad un primo livello essa racconta un’amara esperienza di un viticolture laborioso. Ad un secondo livello, in trasparenza, intravediamo il canto di un amante che narra il suo fallimento amoroso, infine ad un terzo livello, il più profondo, essa annuncia il fallimento della risposta d’amore del popolo eletto nei confronti del suo Signore.

    Canterò per il mio diletto

    il mio cantico d’amore per la sua vigna.

    Il mio diletto possedeva una vigna

    sopra un fertile colle.

    Egli l’aveva vangata e sgombrata dai sassi

    e vi aveva piantato scelte viti;

    vi aveva costruito in mezzo una torre

    e scavato anche un tino.

    Si tratta di una “ballata” sullo stile di quelle cantate dai contadini durante il tempo della vendemmia. Viene narrata la cura e l’amore con cui il nostro contadino si è apprestato a coltivare la sua vigna.  Il  “diletto” – è il titolo col quale il profeta indica il Signore – si è apprestato ad un lavoro paziente e faticoso. Anzitutto ha preparato il terreno, ha innalzato al centro della vigna un torchio da utilizzare per spremere l’uva, e una torre da cui vigilare contro i ladri e gli animali.  È stato un lavoro immane! Alla fine la vite è piantata: si tratta di una vite scelta fra innumerevoli altre.

    Il suo amore per la vigna è autentico, non ha lesinato nulla per giungere al suo scopo, è in tutto simile alle cure con cui l’innamorato corteggia la sua donna. Ma vogliamo sapere il resto del racconto?

    Egli aspettò che producesse uva,

    ma essa fece uva selvatica

    Nonostante tutte le premure del “diletto”, la vigna disgraziatamente non ha prodotto frutti buoni, ma uva selvatica dura e aspra, inutilizzabile. Il risultato è amaro, la delusione è cocente. Non meraviglia che l’amore si trasformi in disappunto, in stizza, risentimento.

    Or dunque, abitanti di Gerusalemme

    e uomini di Giuda,

    siate voi giudici fra me e la mia vigna.

    Che cosa dovevo fare ancora alla mia vigna

    che io non abbia fatto?

    Perché, mentre attendevo che producesse uva,

    essa ha fatto uva selvatica?

    La canzone d’amore si trasforma in un libello d’accusa: l’agricoltore intenta un processo contro la sua vigna. Repentinamente il profeta si rivolge al pubblico in qualità di testimone invitandolo a dare un responso. La conclusione del processo è già scontata: senza ombra di dubbio sarà di condanna.

    Ora voglio farvi conoscere

    ciò che sto per fare alla mia vigna:

    toglierò la sua siepe

    e si trasformerà in pascolo;

    demolirò il suo muro di cinta

    e verrà calpestata.

    La renderò un deserto,

    non sarà potata né vangata

    e vi cresceranno rovi e pruni;

    alle nubi comanderò di non mandarvi la pioggia.

    Un terribile castigo viene prospettato: la vigna viene “condannata” all’abbandono:“La renderò un deserto”. L’immagine dell’abbattimento del muro di cinta sta a significare il venir meno d’ogni protezione di cui fino a quel momento la vigna si era potuta avvantaggiare Il giardino curato si ritrasforma in arida terra di sterpi e di rovi.

    Ebbene, la vigna del Signore degli eserciti

    è la casa di Israele;

    gli abitanti di Giuda

    la sua piantagione preferita.

    Egli si aspettava giustizia

    ed ecco spargimento di sangue,

    attendeva rettitudine

    ed ecco grida di oppressi

    Al termine della parabola la simbologia della vigna viene finalmente rivelata dal profeta ai suoi ascoltatori: la vigna è il popolo di Israele, il contadino premuroso è YHWH stesso. All’amore di predilezione di Dio nei suoi confronti, Israele ha risposto con l’infedeltà all’alleanza.

    Questo rifiuto si manifesta nell’ingiustizia e nel sopruso del debole, in una religione falsa che non implica un autentico ascolto della Parola. Dio aspettava dal suo popolo il “diritto” – ovvero un retto rapporto con Lui – ed ecco solo “delitto”, attendeva “giustizia” – ovvero un retto rapporto con gli altri – e ecco “grida di oppressi.

    La situazione sarebbe realmente drammatica se non apparisse, sempre per bocca di Isaia, una promessa da parte di Dio che un giorno la vigna fiorirà nuovamente e fruttificherà sotto la sua custodia vigilante:

    In quel giorno si dirà: “La vigna deliziosa: cantate di lei!». Io, il Signore, ne sono il guardiano, a ogni istante la irrigo; per timore che venga danneggiata, io ne ho cura notte e giorno. Io non sono in collera. Vi fossero rovi e pruni, io muoverei loro guerra, li brucerei tutti insieme. O, meglio, si stringa alla mia protezione, faccia la pace con me, con me faccia la pace! Nei giorni futuri Giacobbe metterà radici, Israele fiorirà e germoglierà, riempirà il mondo di frutti.” (27,2-6).

    E’ Dio stesso che preparerà una nuova vite “scelta” capace di dare finalmente quei frutti invano attesi dal suo popolo.

    Nel vangelo di Giovanni, Gesù  presenterà se stesso come questa vera vigna a cui tutti dovranno innestarsi per essere capaci a loro volta di “fare frutti” buoni:

    Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto… Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me” (Gv 15,1-6).

    Gesù darà il suo frutto obbedendo al Padre “sino alla fine” e dando la propria vita per noi (Gv 15,9.13).Vera vite è Cristo ma lo siamo anche noi se siamo innestati in lui nel battesimo e vivificati dall’Eucaristia. Senza questa comunione con lui noi non potremmo fare nulla, nessun frutto riuscirebbe a maturare in noi.

    Per la riflessione

    Siamo “vigna del Signore”: la nostra esperienza ci dice che come Israele, spesso manchiamo anche noi di dare quei frutti che dovrebbero scaturire da un’autentica fede e carità. Questi fallimenti, invece di deprimerci, dovrebbero aiutarci a prendere consapevolezza della necessità di essere sempre più innestati in Cristo vera vite, attraverso la Parola e i Sacramenti, affinché ci sia data la capacità di “fruttificare” autenticamente.

    Preghiera conclusiva

    Dal Salmo 80: Pianto di un popolo distrutto

    Pastore d’Israele, ascolta!

    Guidi il tuo popolo come un gregge

    e siedi in trono sopra i cherubini:

    manifesta la tua potenza!

    Dall’Egitto hai sradicato una vite,

    hai cacciato via gli altri popoli

    per trapiantarla nella loro terra.

    Davanti ad essa hai ripulito il terreno;

    ha messo radici profonde e ha occupato tutto il paese.

    Con la sua ombra ha coperto i monti;

    più alti dei grandi cedri erano i suoi rami.

    Ha disteso i suoi tralci fino al mare

    e i suoi germogli fino all’Eufrate.

    Perché hai demolito il suo muro di cinta?

    Ogni passante ruba i suoi grappoli.

    Viene il cinghiale dal bosco e la devasta,

    vi pascolano dentro bestie selvatiche.

    Ritorna, Dio dell’universo,

    guarda dall’alto del cielo,

    vedi quello che accade,

    salva questa tua vigna.

    Proteggi ciò che tu stesso hai piantato,

    Mai più ti abbandoneremo;

    ridonaci la vita e invocheremo il tuo nome.

    Rialzaci, Signore, Dio dell’universo,

    mostra sereno il tuo volto e noi saremo salvi.

    Posted by attilio @ 14:28

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